Dietrich Bonhoeffer e lo sguardo dal basso degli esclusi

In questi giorni di fine gennaio dove si ricorda l'orrore dell'Olocausto ho avuto il dono di incontrare, grazie al Prof. Guido Travaglia - docente dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma - Dietrich Bonhoeffer e la sua grandezza nelle righe scritte poco prima di morire il 9 aprile 1945.

Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906 fu un teologo luterano tedesco e pastore evangelico, fu catturato e incarcerato a Berlino per aver fatto parte della congiura di alti ufficiali che attentarono a Hitler il 20 luglio del 1944. Venne poi deportato nel campo di Flossenburg  e impiccato la mattina del 9 aprile 1945.

Pochi giorni prima di morire - scrisse una lettera che mi ha toccato il cuore - e non vedo come non potrebbe non farlo anche a tutti coloro che la incontrano - e che mi ricorda come noi costellatori familiari siamo al servizio anche e soprattutto per loro, per tutti gli esclusi e i sofferenti.

 

Le righe, di sublime bellezza, raccolte nel libro "Resistenza e resa: lettere e altri scritti dal carcere" pubblicato da Queriniana nel 2002, recitano:

 

"Resta un'esperienza d'eccezionale valore, l'aver imparato infine a guardare i grandi eventi della storia universale, dal basso della prospettiva, degli esclusi, dei sospetti, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi, in una parola, dei sofferenti. Se in questi tempi (1945), l'amarezza, l'astio, non ci hanno corroso il cuore, se dunque vediamo con occhi nuovi le grandi e le piccole cose, la felicità e l'infelicità, la forza e la debolezza e se la nostra capacità di vedere la grandezza, l'umanità, il diritto e la misericordia è diventata più chiara, più libera, più incorruttibile. Se anzi la sofferenza umana è diventata una buona chiave, un principio fecondo nel rendere il mondo più accessibile attraverso la contemplazione e l'azione, tutto questo è una fortuna personale.

Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prendere partito per gli eterni insoddisfatti ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue dimensioni e nell'accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più alta, il cui fondamento sta veramente al di là del basso e dell'alto".

 

Ecco, è anche a tutti loro che ci rivolgiamo, attraverso il lavoro delle Costellazioni familiari.

Li ri-cor-diamo e ci inchiniamo a quelle vite imprigionate in orribili prigioni e che anche senza alcuna possibilità di fuga hanno avuto la forza di non identificarsi in quelle umane vicende ma le hanno trascese, dandone così senso e testimonianza,  attraverso il garbo del cuore.

A noi, lasciano il compito di non dimenticare e impegnarci continuamente nel movimento rivolto al Bene e ispirando noi stessi a diventare persone per-Bene.